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La contaminazione: tra biologia e psicologia

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La contaminazione rappresenta una minaccia ancestrale per la sopravvivenza umana, legata al rischio di contrarre malattie attraverso agenti patogeni o parassiti. Per difendersi, l’evoluzione ha dotato l’uomo di un “sistema immunitario comportamentale” (Tybur et al., 2013), che rileva la presenza di minacce attraverso i sensi, genera il disgusto e attiva comportamenti di evitamento o pulizia.


Il disgusto, fondamentale per preservare l’integrità fisica, può però diventare fonte di sofferenza psicologica quando si manifesta in modo disfunzionale. Nelle fobie specifiche, provoca orrore per animali o oggetti contaminanti, mentre nei casi di abuso sessuale può generare una persistente sensazione di contaminazione interiore (Rusch et al., 2011).


La contaminazione può anche assumere una dimensione simbolica, legata alla moralità. Il disgusto sociale protegge la dignità, respingendo ciò che è percepito come moralmente negativo (Katzir et al., 2019). Questo processo è strettamente connesso al senso di colpa deontologico, che deriva dalla violazione di norme morali e può indurre comportamenti di lavaggio per alleviare la sensazione di “sporco” interiore (D’Olimpio & Mancini, 2014).


Nel disturbo ossessivo-compulsivo (DOC), la contaminazione biologica e morale si intrecciano, con il soggetto impegnato in rituali compulsivi per evitare la percezione di indegnità e il rischio di esclusione sociale (Giacomantonio et al., 2024). La comprensione di questi meccanismi è cruciale per sviluppare interventi terapeutici mirati ed efficaci.